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  [media stories: italian: 2000]



Motorpsycho
Cortemaggiore, Fillmore, 7 aprile 2000

Concert review of the Cortemaggiore show / 2000-04-07
taken from the
Italian magazine
JAM #61, spring 2000.
Italian. Found at the jam site.


La band di Trondheim guadagna il palco sulle note di un pezzo jazz e per circa due ore e mezza cala il pubblico in uno stato catartico di pura ispirazione Seventies. Già, perché nonostante abbiano iniziato come gruppo hard rock duro e puro, con gli anni hanno maturato un suono e una filosofia più vicina alla jam che alle canzoni fatte solamente di riff assassini fini a se stessi. Quindi, ogni sera, il pubblico si trova di fronte ad un concerto unico e irripetibile: basti l’esempio dei due show di Milano e Cortemaggiore, dove i brani ripetuti sono stati solo quattro. L’improvvisazione gioca un ruolo fondamentale, i brani vengono dilatati all’inverosimile, valgano su tutti il binomio You Lied / Black To Comm (MC5) oppure In Memory Of Elizabeth Reed, cover dell’Allman Brothers Band, pezzo scelto quasi a ribadire la direzione intrapresa dalla band norvegese. C’è spazio per il puro divertimento di Go To California, che pare una canzone dei Beach Boys, e per ben cinque composizioni dall’ultimo Let Them Eat Cake. L’apice del concerto è raggiunto però da canzoni come la granitica e tagliente Sonic Teenage Guinevere, la commovente Feel, la devastante Kill Some Day e Plan#1. I musicisti on stage sono quattro: oltre ai tre titolari Bent (basso, voce), Snah (chitarra, voce) e Gebhardt (batteria), per questo tour è stato reclutato il talentuoso Baard Slagsvold, tastierista dei Tre Smaa Kinesere (Tre Piccoli Cinesi), gruppo jazzante con cui gli Psychos hanno fatto uno split album (per salvare dalla distruzione il loro quartiere, Svartlamo’n). Il sound del gruppo guadagna nuove sfumature e l’intreccio dell’Hammond con la sei corde di Snah produce ottime vibrazioni, accolte con calore da un pubblico in continua crescita, concerto dopo concerto. Le uniche note dolenti riguardano la politica di certi locali: è risaputo che la band in questione propone concerti di una durata intorno alle tre ore quindi pare assurdo far esibire un gruppo di supporto (per di più scadente!) che ha fatto slittare e in seguito interrompere bruscamente la performance dei Nostri, lasciando fuori dalla scaletta un paio di brani tra cui The Wheel (che solitamente si protrae per una ventina di minuti). È stato lo stesso Gebhardt a rivelarci l’esclusione dei due pezzi e il rammarico per la repentina conclusione di un live set esaltante di una band che ha come unico cruccio quello di non essersi formata a Seattle o a Manchester, ma in una cittadina norvegese.

Simone Sorini