Sotto sotto me l'aspettavo. Era da tempo che
Saether e compagni progettavano un album come questo, un po'
pop, un po' psicadelico e moooolto zuccheroso, ma speravo che
i tre norvegesi non snaturalizzassero così tanto quel suono
unico che ci ha accompagnato per nove album e una quindicina
fra singoli e mini-cd. I Motorpsycho sanno suonare di tutto
(noise, psicadelia, folk, country, stoner, acid-blues e molti
altri intrugli sonori), e dopo aver esplorato galassie, canyon
e deserti allucinati, tornano a una dimensione più terrena con
il solito carico di imprevedibilità e dolcezza che da
"Timothy’s Monster" in poi non gli è mai mancato; nonostante
questo, "Let Them Eat Cake" è per me un piccolo passo
indietro. I brani non riescono a sollevarsi da arrangiamneti
troppo rindondanti e melensi (l'opener "The Other Fool"),
mentre le tanto annunciate influenze Beatlesiane ("Big
Surprise") si spengono in qualche ritornello carino e nelle
chitarre mai così leggerine ed evanescenti. E' sul versante
psichedelico invece che i nostri non deludono, anzi; "Walking
With J." sembra uscita da una fantasiosa session fra Beck e
Neil Young, "Whip That Ghost" profuma di California anni '60,
fra Jefferson Airplane e Greateful Dead, mentre la
meravigliosa "Stained Glass" (sei minuti di meraviglie
acustiche) ci porta su terreni acid-folk tanto cari a Tim
Buckley e al miglior Crosby di "If I Could Only...". Un album
a metà insomma, in cui gli esperimenti pop non convincono più
di tanto, mentre i "viaggi" acustici ed eterei ci riconsegnano
la solita band capace di meravigliare e di riportarci in
quello spirito musicale settantiano che mai più si
ripeterà.
Voto: 7,5 (Francesco
Destri) |