[media stories: 2000: italian] |
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Motorpsycho
Band feature la scelta di fondo del progetto motorpsycho si delinea immediatamente fin del primo approccio con la discografia della band norvegese. non è mica roba da tutti, nel senso che nessuno sa veramente compilare una lista esauriente e affidabile di tutte le uscite nei negozi dei motor. tra singoli, ep, album, doppi, live, autoproduzioni ci si perde, una creatività labirintica, una scelta di restare a dieci metri d’altezza per tutta la carriera, senza mai farsi affascinare dalle classifiche. un culto, ecco cosa sono i motorpsycho, un culto profano che si diffonde tramite un passaparola entusiastico tra gli appassionati della musica di un certo livello. a torino arrivano in gran forma, il tour li ha visti impegnati in un movimento ascendente per tutta l’estensione europea, pochi giorni prima avevano suonato a milano e l’eco arrivato fin da lì preannunciava un evento inaspettato e sensazionale. si deve solo superare la diffidenza con l’impatto stilistico dell’ultimo album "Let Them Eat Cake" e prestare molta attenzione. al resto ci pensano i motor, si fanno seguire tra atmosfere rasenti la psichedelia, e fin qui nulla di nuovo, ma questa volta il suono dell’hammond influenza le sonorità rendendo l’intreccio molto più soffice e sinfonico. stacchi prog, improvvisazioni jazz, blocchi strumentali che sembrano uscire dalla band di hendrix, ecco perché il pubblico torinese ha ascoltato in silenzio le prime due ore di concerto, per godere concentrati, non per freddezza. due ore, continue e intense, sembrava di essere nella loro saletta ad assistere agli arrangiamenti tanto era la rilassatezza del clima. poi staccano tutto, la gente urla che li rivuole, loro rientrano e senza dir nulla, attaccano con una serie di pezzi da "Timothi’s Monster" e "Angels And Deamon At Play", la gente urla che li adora, loro ridono e si stupiscono quando tutta la platea si trasforma in un coro che segue le parole delle loro canzoni, la gente si ammucchia sotto il palco e salta e si protende, loro tirano avanti per mezz’ora, poi se ne vanno, la gente urla che li rivuole, loro ritornano, ancora mezz’ora di classici. poi finisce, cinquanta pezzi, tre ore di concerto, migliaia di influenze, cinquecento ragazzi stupiti e soddisfatti. Franco Di Pietro
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