Motorpsycho "Phanerothyme"
Ennesima fatica per il trio di Trondheim, questa volta-ahimè-non preceduta dal
consueto EP introduttivo che anticipava di qualche settimana l'uscita del LP vero e
proprio. Doverosa premessa: i Motorpsycho amano mettersi in discussione. E non di
poco. Chi si aspettava un ritorno alle sonorità di fine '90 (quelle di dischi come
Angels and Daemons at Play o Trust Us per intenderci), all'ascolto di Phanerothyme
potrebbe provare la tipica e sincera amarezza del fan deluso. Se invece siete
musicofili ad amplissimo raggio, ed amate sorprendervi quando acquistate un cd- e ce
credo, co' 'sti prezzi...-, allora regalatemi un attimo della vostra pazienza.Perché
questo Phanerothyme è un capolavoro. Assoluto. Non c'è nulla di particolarmente
innovativo, si potrebbe obiettare con una certa e scontata approssimazione da primo
ascolto.Vero. Ma quando si riesce a padroneggiare l'intero panorama rock (quello
bòno, s'intende) dagli anni '60 ad oggi senza risultare banali e derivativi, dando
al contrario ad ogni brano un'impronta propria ed indelebile, allora... Beh, questo
sono oggi i Motorpsycho. Una band che, anziché adagiarsi sui comodi allori di icona
generazionale underground e ripetere a memoria la formuletta, si è messa a studiare.
Proprio così. Alla sgangherata emotività metallica degli inizi hanno sostituito una
commovente perfezione. Cantano e suonano come pochissimi al mondo-un loro concerto è
a tutt'oggi un'esperienza extrasensoriale-, e compongono pezzi ancora sorretti da
fluida ispirazione, permeati da un citazionismo mai di maniera: per riscontri, prego
prestare attenzione all'elegia bucolica di Bedroom Eyes che apre il lavoro (sentito
Nick Drake di recente, Bent?), ai cori di beatlesiana memoria di Landslide, al surf
psichedelico di Go to California, fino all'acida ironia di When you're Dead, che
vede il batterista Hakon Gebhardt impegnato alla voce ed al banjo. Ultima nota di
merito, il premio di Motorpsycho più migliorato va di diritto al chitarrista Snah
Ryan, corista ormai formato oltre che splendente rapsodo delle sei corde. Cinque
stelle, signori. Se poi ce ne fossero a disposizione sei, prego aggiungere.
Dodi Germano (Socio #656)