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  [media stories: italian: 1999]



I Motorpsycho
Scarsissima propensione al compromesso

Article / Interview with Bent taken from the
Swiss magazine
ARIVISTA ANARCHICA #256 / 1999 (their 29th year of releasing!).
Italian. Found at the Arisvista Anarchica-site.


Bent

Bent Sæther, bassista

I Motorpsycho sono un’anomalia, prima di tutto per quanto concerne la nazionalità: sono norvegesi (inconsueto per una rock band). Vivono a Trondheim, una cittadina poco più grande di un paesucolo, non molto distante dal circolo polare artico. Suonano insieme da quasi dieci anni e la formazione è rimasta quasi immutata. Cresciuti a colpi di truzzerie '70ies, in realtà riescono a conservare un approccio quasi colto alla materia rock ...

Nonostante una scarsissima propensione al compromesso, riescono a vivere senza grossi problemi della loro musica (vendono bene in Norvegia ed in Germania) ostinandosi a suonare laddove si sentono più a loro agio (se non sbaglio l’intervista coincide con il loro ottavo concerto al Bloom di Mezzago!). Dulcis in fundo, il buon Bent Saether (bassista) è sempre disponibilissimo alla chiacchierata, e non solo con la stampa: nel dopo - concerto tira tranquillamente le tre di notte pur di esaurire le curiosità dei suoi fan ...

Il loro primo disco del 1991, Lobotomizer, era stato definito grunge anche in virtù delle mode dell’epoca ... In realtà conteneva già i prodromi di ciò che sarebbero stati i Motorpsycho in futuro: hard rock a manetta mescolato a psichedelia cerebrale, power pop, sprazzi acustici e persino qualcosa di velvettiana memoria… Di tutto ciò Bent non è assolutamente turbato, anzi: "Negli anni ottanta non c’era vera musica pesante (usa il termine bull’s rock, N.d.A.), era tutto molto artificioso, con sintetizzatori ed enfasi assolutamente gratuita. Con le grunge band abbiamo sicuramente in comune l’ispirazione: i primi anni settanta (noi siamo cresciuti con i Deep Purple!) e la carica di band come gli Stooges e gli MC5. Penso che il motivo principale per il quale ci definirono così è che anche noi avevamo quel tipo di energia. Ma credo anche che abbiamo portato la nostra musica ben oltre quell’espressione musicale molto diretta; non suonavamo certo come i Tad , i Nirvana od i Soundgarden".


Una messainpiega per l’eternità

La loro attitudine li porta a mescolare gli anni ’60 (improvvisazione, psichedelia ...) con gli anni ’70 (più che altro hard rock); a questo riguardo chiedo loro se hanno mai ascoltato musica sperimentale: "Certamente! Abbiamo ascoltato un sacco di jazz: John Coltrane, Archie Shepp, Albert Ayler, Pharoah Sanders, Sun Ra ... Ma anche i Can e gli altri improvvisatori degli anni settanta. Dal vivo improvvisiamo parecchio ...".

Le loro sonorità acustiche spezzano e contrastano spesso con le atmosfere ai limiti della claustrofobia che contraddistinguono le fasi più violente dei loro dischi; sembrano persino impregnate di un umore folk di stampo nord Europeo, ma Bent smentisce decisamente: "È qualcosa di inconscio, non premeditato. Il nostro spirito è: abbiamo un mandolino? Usiamolo! Non so davvero se siamo stati influenzati dalla musica folk, ascoltando di tutto finisci per scoprire band come i Fairport Convention, Lindisfarne, Pentangle, passando per le cose più folk degli album dei Led Zeppelin. Non penso che la musica tradizionale Norvegese ci abbia mai influenzato, sebbene anch’essa contenga delle peculiarità interessanti come, ad esempio i violini ad otto corde: emettono un suono di bordone (usa il termine drone, che non saprei tradurre altrimenti in italiano, N.d.A.) molto simile a quello della musica indiana. Conosciamo un tipo che suona queste cose, ed è davvero molto in gamba: chissà, forse potremmo collaborare con lui in futuro ...".

Mostruosamente prolifici, dal ’91 ad oggi hanno prodotto ben nove LP, di cui cinque doppi ed uno triplo (!!!). Bent ci dice: "fondamentalmente facciamo ciò che noi, e soltanto noi vogliamo : ecco perché i nostri dischi sono spesso doppi o tripli… Tutti i brani che produciamo vedono la luce: in genere dopo le registrazioni ce ne avanza una decina, e li pubblichiamo come b-sides dei nostri singoli… Forse raccoglieremo in un solo disco quei pezzi che sono comparsi su compilation e che sono rimasti inediti su LP". Aggiungo io: il più delle volte questi cosiddetti lati B dei loro singoli è roba da urlo: cover come Into the sun dei Grand Funk Railroad (l’originale non ha MAI suonato così!) o The house at the pooneil corners dei Jefferson Airplane sono capaci di farvi una messainpiega per l’eternità se ascoltate al volume "giusto"… L’ultimo disco dal vivo, Roadwork vol 1, sembra più sperimentale del solito, ma era l’unico modo per dare un senso ad un live album: "Penso che quando si incide un album dal vivo ci siano due modi per farlo: uno è quello di allestire un greatest hits per accontentare i fan, l’altro è pubblicare versioni differenti di pezzi già editi oppure brani inediti. Noi abbiamo optato per la seconda ipotesi: il disco contiene una cover inedita degli MC5, qualche vecchio brano completamente rifatto ed un sacco di improvvisazioni ..."

La band non è praticamente mai mutata d’organico: con l’ingresso di Gebhardt alla batteria dopo l’uscita di Lobotomizer, la line up è rimasta invariata fino ad oggi: è ormai molto raro trovare una situazione creativa così stabile e duratura. "Tra noi c’è una sorta di legame chimico, in tre si funziona molto bene: perché cambiare? Nessuno di noi è impegnato in progetti paralleli, perché nei Motorpsycho c’è spazio per le esigenze di tutti i membri della band. Per accorgersene basta ascoltare le piccole stramberie che incide Gebhardt o le strane canzoni di Snah (il chitarrista, ovvero Hans M. Ryan, N.d.A.), ed anche le mie cose. Nonostante sia tutto molto eterogeneo è comunque integralmente parte dei Motorpsycho. Oggi tutti formano una band soltanto per dei progetti limitati, ristretti. Noi invece facciamo tutto ciò che ci sentiamo di fare: forse è per questo motivo che non vendiamo poi così tanti dischi…"

Un tempo i Nostri incidevano per la Voice of Wonder, un’interessante etichetta indipendente norvegese che nei primi anni ’90 ha svolto un prezioso lavoro di promozione di nuove band "autoctone". Gli chiedo se passare alla Sony norvegese gli ha creato dei problemi concernenti la libertà artistica. Ma lui mi fulmina: "No! Ora siamo molto più liberi di prima! La Voice of Wonder non ci dava mai dischi da vendere, cercava sempre di tagliarci i brani e si rifiutò di stamparci la versione in cd doppio di Demon box (splendido disco del ’93, N.d.A.). Cercavano sempre di risparmiare soldi e non facevano affatto un buon lavoro. Con la Sony invece possiamo fare ciò che vogliamo, hanno provato a telefonarci chiedendo di poter ascoltare l’album poco prima che questo uscisse, si fanno sentire molto raramente e non ci impongono praticamente nulla. Sai, la Sony norvegese è così piccola… Mentre noi in Norvegia siamo abbastanza forti (vendono bene, N.d.A.). Al resto del mondo invece ci pensa la Stickman, che licenzia il nostro album presso i distributori esteri. Siamo dappertutto, eccezion fatta per gli Stati Uniti ed il Giappone." Gli faccio notare che tutte le volte che gli ho chiesto della distribuzione, lui mi ha sempre risposto che negli Stati Uniti i loro dischi non arrivano: "È’ vero, abbiamo sempre avuto problemi in America; ultimamente siamo stati ad Austin per uno showcase, ed un paio di etichette hanno mostrato interesse nei nostri confronti, e forse risolveremo entro breve anche il problema giapponese. Non so… Ci stiamo provando da così tanto tempo… Può darsi che sia perché vogliamo continuare ad avere il controllo su tutto quello che facciamo: non è solo una questione di prezzo, pretendiamo di collaborare con delle buone etichette e che le nostre esigenze siano rispettate". Occhei? Alla facciaccia dell’independent do it better… Anche in Italia, comunque, ne girano di cotte e di crude sulle nostre cosiddette etichette "alternative"…

I Motorpsycho si rifiutano di riportare i testi dei loro brani sui dischi. Le idee di Bent in materia sono molto chiare: "I miei testi non fanno che riportare la mia percezione del mondo. Sono chiaramente ispirati da vicende personali, ma non vorrei mai che gli ascoltatori li recepissero in maniera troppo rigida. Mi piacerebbe che ognuno potesse interpretarli relazionandoli con le proprie esperienze, è l’unico modo per far sì che la mia musica sia la musica di tutti".

Gli chiedo pure che ne pensa della guerra nei Balcani, la sua faccia si fa cupa: "È orribile, è una fottuta pazzia. La pulizia etnica dovrebbe essere fermata, ma combattere il fuoco col fuoco non è mai servito a nulla… Purtroppo non ho una soluzione da proporre. Non so: penso che è una vergogna, e la razza umana dovrebbe essere superiore a queste cose. Ritengo il genere umano troppo intelligente per avventurarsi in una guerra, davvero; spero almeno che usi questa intelligenza per porvi di nuovo fine".

L’ideazione delle copertine dei loro album è quantomeno curiosa: "Ci affidiamo ad un giovanissimo artista di 25 anni, si chiama Kim Hiortoy .Ha cominciato a lavorare alle nostre copertine dal retro di Demon Box in poi. Non ci interessa che abbia sentito la musica, lui si fa un idea del disco indipendentemente da quello che noi stiamo facendo. Ci fidiamo ciecamente di lui, ha sempre lavorato bene". Kakkio: più libertari di così…


Hard pop a randello

Gli chiedo chi è l’artista che più lo ha colpito fino ad oggi, e lui dice, senza esitazione alcuna : "John Coltrane. Sono tre anni che non faccio altro che ascoltare i suoi dischi… Non importa di quale umore io sia, ma non mi stanco mai delle sue invenzioni, della sua voglia di abbattere confini, limitazioni. Cerca sempre di fare qualcosa di diverso, di andare oltre; è una specie di eroe, per me. Mi sento molto legato alle cose che fa: anche noi tentiamo di battere la sua stessa strada, cerchiamo di avere una simile attitudine creativa". Quanti milioni di orecchie staranno fischiando in questo momento? Una band che dal vivo ti spara una cover di Ace of Spades di quei truzzoni dei Motorhead dichiara di avere un grande amore per Coltrane… Quando mi capiterà di vedere uno spocchioso jazzofilo ad un concerto dei Motorpsycho? Ok, basta con le polemiche. La conversazione si conclude con le più banali dichiarazioni d’amore nei confronti dell’Italia (il caffè, il vino, le donne, il cibo…) e la sua vita in quel di Trondheim: "Non seguo con attenzione ciò che succede nel mondo, non compro novità discografiche da cinque anni. Per te forse tutto ciò è stupido, ma io lo ritengo salutare…". I biglietti sono esauriti, ci sono molti problemi con parecchie persone che resteranno fuori (e che tenteranno di sfondare: quando vedremo qualcosa di simile al Palavobis? Forti con i deboli e deboli con i forti...), gli chiedo se questa sarà la loro ultima apparizione al Bloom: il locale è ormai troppo piccolo... Ma Bent non fa na’ piega: "No. E perché poi? Potremmo organizzare due date consecutive. Qui conosciamo tutti, siamo davvero a nostro agio, perché cambiare?". Un vero inossidabile romanticone ...

Come? Il concerto? Hard Pop a randello, hard rock in acido, jam session spaziali da venti minuti e passa, basta la parola: Motorpsycho.

Mario Bossi