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Motorpsycho, nani sulle spalle dei giganti

Interview with Bent taken from the
Italian e-zine
KWMUSICA, 2000-02-07.
Italian. Found at the kwmusica-site and sent in by Fabio..


Bent - live in Italy 2000  

Intervista al gruppo norvegese, una delle seminali realtà post rock europee, da dieci anni in conflitto con il passato e il futuro della forma canzone.

"Siamo come nani sulle spalle dei giganti", una citazione colta di qualche anno fa con cui Bent Saether (basso, chitarra ed ideatore di molte canzoni) intendeva sottolineare l’eterno passaggio di esperienze estetiche che lega l’evoluzione della musica dei Motorpsycho. Travasi che hanno segnato buona parte del pop degli ultimi cinquant’anni e che sono sempre stati alla base dell’esperienza sonora del gruppo di Trondheim: un coacervo, dalle scintille hard core e metalliche di Lobotomizer (1991) fino alla forma-canzone stratificata ed agguerrita dell’attuale Let Them Eat Cake. Dieci anni di dischi e di scelte sempre interessanti ed intense: un modo per rinnovare lo spirito del rock’n’roll mescolando radici e suggestioni futuribili, visceralità e riflessioni, un’arte in cui Saether, Snah (chitarre e tastiere) e Hakon Gebhardt (batteria e chitarre) sono indiscutibili maestri.

Alla vigilia di una nuova serie di concerti dalle nostre parti (marzo/aprile) abbiamo chiesto a Bent di illustrarci qualche via di fuga dal grigiore attuale ...

Hai dichiarato più volte che "la (vostra) musica deve sempre cambiare". Al di là della scelta di comprimere lo sviluppo delle canzoni e di stilizzare la loro struttura, cosa si è modificato nel tuo approccio con la materia, in tutti questi anni?
Non saprei, davvero. Cerco sempre di prendere le cose con un’attitudine che possa permettermi di andare oltre, di superare quello che ho già fatto. Col tempo mutano le tue ambizioni, trovi modi più elaborati per esprimerti ed impari meglio ad usare gli strumenti. Dopo dieci anni nei Motorpsycho sono molto cambiato, come musicista e come essere umano: l’esigenza di dire cose diverse in modi diversi è fisiologica. In ogni caso, continuo a comporre con la mia vecchia, fidata chitarra acustica ...

"The Other Fool" mi pare abbastanza vicina alle atmosfere di Kashmir (Led Zeppelin). Sono sordo?
Spero di no! Devo dirti che sei il primo a fare un paragone del genere; a me piacciono molto di più i primi dischi dei LZ.

Ascoltando il nuovo album, mi è parso che non sappiate scegliere tra Beatles e Rolling Stones, per non parlare poi di certi momenti alla Beach Boys ("Big Surprise"). Il vostro gusto è sempre più retroattivo: si tratta di una scelta strategica? Arriverete presto a fare del ‘puro’ rock’n’roll, suppongo ...
Beh, facciamo già del rock’n’roll... In realtà non cerchiamo di emulare altre band consapevolmente, ma ascoltiamo moltissime cose, differenti non poco tra loro, e succede che escano fuori meno filtrate di quanto vorremmo. Alcune canzoni che non sono finite su Let Them Eat Cake si avvicinano molto alla purezza di cui parli, una sorta di incontro tra i Creedence Clearwater Revival e Pussy Galore, e saranno pubblicate presto dalla Man’s Ruin.

L’ultima volta che vi ho visto suonare - tre anni fa, mi sembra - eravate molto influenzati dallo space-rock e dalla psichedelia dei primi Settanta (Hawkwind). Ora, immagino che abbiate cambiato qualcosa, almeno nella strumentazione: c’è ancora una tastiera o altri aggeggi per espandere le vostre sonorità?
La persona che ha curato gli arrangiamenti del disco è un pianista jazz e sarà con noi nel tour che stiamo organizzano. Colorerà, diciamo così, la nostra musica, ma non sappiamo assolutamente cosa ne uscirà fuori alla fine. Siamo curiosi almeno quanto te...

Come lavorate alla struttura dei pezzi?
A fondo! Cerchiamo sempre l’arrangiamento giusto, aderente, per qualsiasi canzone che scriviamo. Crediamo che ogni composizione abbia una sorta di optimum, una sua versione ‘ideale’ e arrangiare/scrivere/produrre significa fare i passi necessari per tirarla fuori. Una sorta di maieutica espressiva, quindi: arrangiamo tutto un numero infinito di volte, fino alla nausea, per affinare la nostra "visione".
Hai ascoltato Eureka di Jim O’Rourke? Il termine post rock ha un senso secondo te? Non ho ascoltato quel disco Post-rock? Forse giovani e pallidi uomini, vestiti da postini, che fanno il verso alle introspezioni strumentali di Can e affini? La musica è musica, solo chi non ha orecchie ha bisogno di etichette...

Da noi capita che i gruppi debbano cantare in italiano, per raggiungere un certo riscontro critico ed economico. Mi pare che in Norvegia non sia la stessa cosa ...
Anche da noi, per vendere bene, bisogna cantare in norvegese, ma in tanti capiscono l’aspirazione a comunicare con tutto il mondo e non solo con i vicini di casa. Solo vecchi e burberi folksinger sbraitano contro chi canta in inglese.

La frammentazione dei generi sembra essere il destino di un rock sempre più agonico. C’è ancora qualcosa che possa ricondurre questi linguaggi ad unità, ammesso che abbia senso?
Fino a quando saranno i contenuti della musica a contare e non il medium (dischi, CD, Internet) attraverso cui si diffondono, la gente farà musica nello stile che preferisce. Finché comunicherà qualcosa di significativo, qualsiasi linguaggio andrà bene: rock, post-rock,techno, country & western, musica classica, jazz, qualsiasi altro ibrido che verrà fuori. Le persone reagiscono alla buona musica col cuore, non con il cervello.

La musica, quindi, parla spesso per se' stessa. Nonostante questo, c’è qualche giudizio su di voi che ti ha colpito in maniera positiva? E qualcun altro che ti ha davvero irritato?
Abbiamo sempre detto che nel momento in cui avremmo potuto essere definiti, etichettati, avremmo smesso di suonare. Comunque, se qualcuno scrive che le tue cose sono ‘brutte’, ti fa sempre un po’ male. La cosa peggiore, però, che può capitarmi di leggere su di noi è che siamo poco interessanti ...

Ha voglia di stilarmi una lista dei dischi che stai ascoltando di più al momento?
Certo: Other Aspect di Eric Dolphy, Mingus Dynasty di Carles Mingus, Oddesey & Oracle degli Zombies, Tupelo Honey di Van Morrison, il song book di Dusty Springfield, S. F. Sorrow dei Pretty Things, un box della Rhino dedicato al soul, Beg Scream & Shout, Train A Comin’ di Steve Earle, un live degli Slint che mi ha dato un amico e tutto il possibile su Charlie Parker.

John Vignola