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  [media stories: italian: 1998]



Doppio psychoconcerto

Concert review of two gigs
taken from the Italian e-zine
MUSIC BOOM, June 1998.
In Italian.


Mezzago, Bloom, 14 Maggio 1998

Perché ci devono mettere tutto quel tempo a portarmi un maledettissimo hot-dog? Sarei riuscito a sentirmi TUTTA "Evernine" se non fosse stato per colpa di quel panino! J  Nessun problema comunque…avrò di che rifarmi!

Già dal secondo pezzo l’atmosfera si scalda, e si torna a circa 20 anni fa: è il momento di "Superstooge"! Il riff è inconfondibile, e l’improvvisazione centrale ben calibrata, senza essere troppo lunga, caratteristica che, a parte per la doverosa eccezione di "Un Chien d’Espace", segnerà (positivamente!) tutto il concerto. "Walking on the water" comincia a far cantare il pubblico, ma con "STG" ci troviamo in pieno delirio, con la canzone che, pur non essendo la migliore né la più conosciuta, è una summa perfetta di tutte le capacità dei Motorpsycho, e di tutta la versatilità che nessuno si sogna di smentire. Partendo da un riff tipicamente rock’n’roll, ci porta dopo pochi minuti ad un’improvvisazione piuttosto lunga ma "controllata", che torna nuovamente nel riff portante dopo una breve out-of-body experience. Perfetta! J 

"Feel" è, al solito, commovente. Suonata in versione elettrica non perde un grammo di fascino e d’intensità, anche paragonata all’esecuzione acustica di poche sere dopo a Rimini. "Ozone" e "Starmelt/Lovelight" invitano a cantare e ballare, ma il piatto forte sta per arrivare…il pezzo monster del set di questa sera: "Un Chien d’Espace". I 25 minuti più brevi della mia vita. Mi sono seduto per terra e ho lasciato che la musica facesse il suo effetto…un sogno…la migliore improvvisazione mai sentita (ma di lì a poco si sarà un ex-aequo ;)). E’ difficile tornare con i piedi per terra, ma "Radiator Freak" è un ottimo cocchiere per il rientro sulla terra, alternando riff "umani" con parti apertamente psichedeliche, ed evitando il trauma del ritrovarsi "solo" con un gruppo che sta suonando fra 4 mura.

L’ultimo pezzo prima dei bis è un pezzo nuovo, abbastanza heavy e piuttosto ritmato…conclusione a sorpresa ma più che degna (mi autosmentisco: molto probabilmente si trattava di "Black to come", pezzo degli MC5 eseguito anche a Rimini, ma senza una scaletta sottomano non posso confermare J ). Il primo ritorno sul palco non si fa attendere, e si risolve con una lunghissima versione di "Young Man Blues", ancora una volta divisa fra rock’n’roll dei 70s e slanci mind-expanding.

La conclusione definitiva non poteva che essere "Vortex Surfer", il "final ending" di cui Bent parla nell’intervista. Non si può commentare "Vortex Surfer", è molto più in là delle parole. Chi l’ha ascoltata su disco lo sa, chi era presente lo ha capito ancora meglio.



Rimini, Velvet, 17 Maggio 1998

Non avevo dubbi che il concerto sarebbe stato diverso da quello di giovedì sera, ma in questo caso si può parlare tranquillamente di due concerti diversi. I pezzi suonati in entrambe le date, infatti, grazie alle improvvisazioni con cui vengono arricchite, sono una scoperta sempre nuova, beffando il concetto di routine.

Il concerto stavolta è aperto da "Radiator Freak", ben eseguita e adorata dai presenti, che vengono immediatamente deliziati con una versione pesantissima e MOLTO 70s di "Superstooge". Entrambi i pezzi erano stati suonati anche 3 sere prima a Mezzago, ma, ripeto, la noia è un concetto che coi Motorpsycho non va proprio d’accordo. "Walking on the water" arriva subito dopo, molto rock’n’roll e con un basso pompatissimo…accolta calorosamente anch’essa. E’ il turno di "Black to come", una cover degli MC5 che però quasi nessuno conosce (o ri-conosce). Poco male, il ritmo incontenibile e la carica la fanno entrare subito in circolo, facendo ballare la gente prima del break psichedelico tanto atteso. E che, al solito, non porta via meno di 25 minuti. Ad alcuni sembrerà strano, ad altri un’esagerazione, ma posso affermare con tranquillità che la versione di "Un chien d’espace" sentita stasera non c’entra NIENTE con quella suonata a Mezzago e, voglio esagerare, a tutte le versioni mai suonate dal vivo di questo pezzo. Semplicemente incredibile. Ogni sera il pezzo rinasce, acquista qualcosa, perde qualcos’altro, viene messo a fuoco. Non tutti possono permetterselo, per troppe band i pezzi sono intoccabili, ma quando si trova qualcuno che ha la capacità di rimettere in gioco la propria musica di sera in sera, beh, non resta altro che togliersi il cappello. Manmower si presenta come primo pezzo "inedito" della serata. Non inclusa nella scaletta di Mezzago, si presenta in tutta la sua epica tranquillità (uhhh! J  ) alle nostre orecchie estasiate. Meravigliosa.

Ma continuiamo con le sorprese: "Flick of the wrist". Non uscita su nessuno degli album dei Motorpsycho, questa canzone è presente sullo "Starmelt EP" dell’anno scorso. Molto groovy e potente, ma con un gusto malinconico. "S.T.G." segue a ruota, col suo ormai classico alternarsi di parti tipicamente rock e altre più dilatate, tra l’altro le ultime di stasera, visto che d’ora in poi quasi tutti i pezzi suonati saranno più corti e "ballabili". "Hey Jane" e "Ozone" sono accolte dal pubblico (non numerosissimo ma esaltato come pochi! J  ) praticamente in delirio (soprattutto per la prima), e cantate allo sfinimento. Sfinimento che, puntualmente, si presenta con "Hogwash", che, da pezzo fisso di ogni concerto dei Motorpsycho fra il ’93 e il ’95, era stato ultimamente accantonato. Alcuni dicono di essersi stancati di sentirlo, ma io adoro questa canzone e sono stato felicissimo che l’abbiano suonata. Un ottima conclusione della "prima parte".

Ma la sorpresa GROSSA sta per arrivare. Un mini-set acustico, da brivido. Solo 3 pezzi, ma scelti impeccabilmente e suonati con un’intensità incredibile. Bent chiede silenzio, e lo ottiene prima ancora che abbia finito di parlare. Il gruppo attacca "Mad Sun", nella (ovviamente!) versione acustica. Commovente fino alle lacrime, uno dei migliori pezzi dei Motorpsycho, reso nella veste che più lo valorizza. Aggiungete il fattore-sorpresa e capirete la mia emozione.

Tocca a "Feel", e anche qui le parole sono sprecate, per cui non ne aggiungerò altre ad una recensione già lunga. "Waiting for the one"…chi se l’aspettava? Il gioiello pop dei Motorpsycho, uno dei ritornelli più belli mai scritti, se chiedete a me. L’"effetto-osteria" è garantito…tutti a cantare a squarciagola, senza preoccuparsi di stonare! J   Ma c’è ancora un po’ di tempo, e il secondo bis non si fa attendere poi molto. "Vortex surfer", ovviamente.

Il concerto è finito. Ci metto 10 minuti a capire cos’è successo di preciso nell’ultimo paio d’ore. Non mi capita spesso dopo un concerto…a voi?

Uno psychograzie ad Elisa e Camillo
per l’apporto spirituale J .